lunedì 25 maggio 2009

42 Eart

Una nuova rivista che parla di comunicazione e ambiente. Il suo nome, eart cerca il gioco di parole tra heart/cuore ed earth/terra: il rapporto intimo che ci lega al nostro pianeta. La sua scelta è quella di diffondersi in pdf per diffondere la cultura del “no-print” per risparmiare carta e inchiostro.
Mi piace particolarmente l’idea di porre tutti i testi al fondo della rivista ed in sequenza continua, riducendovi al minimo gli elementi grafici: questo per pensare anche a chi, per esigenze personali, professionali o di salute non può fare a meno di stampare.
Potete trovarla in www.assaica.org oppure in www.mccassi.net

mercoledì 13 maggio 2009

41 Identità

Inizio oggi un breve percorso sulla questione dell’identità. Ecco una sintesi:
In primo luogo: identità individuale o identità collettiva?
E se alla fine la distinzione scolora, si aprono altre domande.
Identità di gruppo fondata sui valori comuni o sull’identificazione in un leader?
Identità per appartenenza a un gruppo o a molti gruppi?
Ma una domanda su tutte: sulla base di quale criterio propendere per una riposta o un’altra?
Io penso che questo criterio sia “la libertà ottenuta con la pace”.

lunedì 11 maggio 2009

40 Barzellette

Scrive Maurizio Ferraris sul suo libro “Il tunnel delle multe” (Einaudi, 2008) che “la differenza tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si riassume nel fatto che sul primo non si sono mai raccontate barzellette, che invece fioccano sul secondo, e fin dall’inizio del pontificato”. Il primo era talmente benevolo e sopra le parti che nessuna barzelletta poteva veramente attecchire su di lui. Si potrebbe tracciare la stesa differenza tra Prodi e Berlusconi. Più un personaggio è malevolo e pericoloso, più attecchiscono le barzellette. Ma allora la barzelletta rischia di essere un metodo per rincuorarsi nella dominazione? Un depotenziamento della nostra incazzatura, incanalata in una bonaria risata? Anche YouTube funziona in questo modo. Se un giorno un uomo politico dice una bestialità (e poi magari il giorno dopo nega di averla detta, come fa spesso Berlusconi), quasi in tempo reale compaiono su YouTube i video che li ritraggono mentre dicono le frasi incriminate. Ma sembra che questo non muova più l’indignazione, semplicemente un’indulgente risata, come dire: toh, guarda questo buontempone.

martedì 28 aprile 2009

39 Amori d’ufficio

Secondo un’indagine del 2008 di Vault (http://www.vault.com/surveys/), circa il 46% dei lavoratori dipendenti in USA è stato coinvolto almeno una volta in una storia sentimentale in azienda. E il 13% sarebbe ben disponibile ad esserlo. Il 50% ha lavorato almeno per una volta con colleghi che tra di loro avevano una relazione in ufficio.
Cominciamo a dire che se la cosa non avviene tra pari grado o tra consenzienti la faccenda sborda facilmente nel plagio, nella molestia, al limite nella violenza. E che, essendoci tra questi casi quelli di chi è sposato, in parte le storie di cui stiamo sono storie adulterine (il 48% risponde di essere a conoscenza di almeno una storia clandestina in ufficio). Infine occorrerebbe distinguere le storie d’amore da quelle “solo sesso”, le storie lunghe da quelle “una botta e via”, ecc.
Ma dedichiamoci ai casi in cui non sia rilevante nessun aspetto negativo. Il fenomeno è legato ai nuovi stili sociali. L’aumento dei singles, prima di tutto. Ce ne sono di più nella forza lavoro (in USA sono aumentati del 22% in dieci anni), e quelli di età tra i 25 e i 35 anni lavorano sempre di più, passano più ore in ufficio (8% in più dal 1970 a oggi). Per questo, non hanno molte altre occasioni per cercare e magari trovare l’anima gemella! Come dice Mark J. Penn (http://www.microtrending.com/), il lavoro è diventato il single-bar del ventunesimo secolo.
I comportamenti di uomini e donne sono diversi. Come c’era da aspettarsi, ci sono più uomini che flirtano al lavoro che donne. Questo significa che una parte delle donne subisce avances che non gradisce. Ma anche che una parte di queste storie è omosessuale. Anche questa è un’altra dinamica sociale che sta dietro a questi dati.
Infine, non è da sottovalutare il processo di emancipazione della donna, che la porta ad avere ruoli di maggiore importanza nel lavoro e più attivi e meno inibiti nella ricerca dell’anima gemella.
E le aziende, cosa ne pensano? Una posizione tradizionale era quella di scoraggiare e non accettare questo fenomeno. Ma di recente molte direzioni delle Risorse umane ha cominciato a pensare, o a riconoscere, che avere innamorati (che poi spesso si sposano) nella stessa azienda può essere un fattore aggregativo, un elemento che aumenta il senso di fedeltà all’azienda. Forse è ora di costruire vere e proprie politiche riguardanti gli “amori d’ufficio”.

giovedì 2 aprile 2009

38 Buona vecchia scrittura


Messaggerie, social networks, forum, blog. La maggior parte dei grandi fenomeni sociali di oggi (rimangono fuori solo i “broadcast yourself” come YouTube) hanno in comune una cosa: la scrittura. La scrittura sembrava morta con la multimedialità, e invece torna potentemente in auge. Può essere immagazzinata, copiata, spedita, trasferendo una mole enorme di informazioni. La cosa sorprendente è che questa funzione così moderna è svolta da un metodo comunicativo che è più vecchio delle piramidi.

venerdì 20 marzo 2009

37 Superare la crisi cooperando

Sul Guardian il 5 gennaio 2009 Charlie Brooker (http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2009/jan/05/ch) afferma che l’unico modo per passare attraverso la crisi del 2009 è quello di riapprendere a voler bene e a condividere (“we're going to have to co-operate with one another if we're going to get through this”).
Sull’importanza della cooperazione dice qualcosa di interessante Pierluigi Celli, Direttore della Luiss in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera del 15.01.2009. Celli dice che è finita l’era degli squali: ora il successo passa per l’altruismo, la fiducia reciproca, la collaborazione. Naturalmente, occorre mettere in discussione cosa si intende per successo, e se esso sia ancora, dopo la crisi che stiamo vivendo, quel mito che proprio gli squali hanno contribuito a creare. Ma non c’è dubbio che, come dice Celli, la crisi dei mercati è una crisi di fiducia, “e la fiducia dipende dalla cooperazione (…) per questo credo che dalla crisi non si esce solo per via numerica, cioè tagliando, che è una strategia a breve termine, ma anche attraverso comportamenti cooperativi”.

lunedì 23 febbraio 2009

36 Lo zero saliente


Un altro gioco sulla cooperazione o meno tra persone è raccontato in modo efficace da F. Guala e M. Motterlini sulla Domenica de Il Sole 24 Ore del 16 ott. 05. Riporto parte del loro articolo e consiglio la lettura del loro libro “Economia cognitiva e sperimentale” (http://www.libreriauniversitaria.it):
“Sul foglio sono segnati dieci numeri, in ordine crescente da zero a nove. In un'altra stanza il tuo compagno di gioco si trova di fronte alla stessa sequenza. Entrambi avete la possibilità di scegliere un numero; se scegliete lo stesso, entrambi vincete dieci euro; se scegliete due numeri diversi non vincete nulla. Un gioco difficile in teoria, ma facile in pratica. La probabilità di scegliere lo stesso numero, scegliendo a caso, è molto bassa; eppure quasi tutti scelgono il numero zero e si portano a casa i dieci euro.
Giochi di coordinazione di questo tipo si incontrano continuamente nella vita di tutti i giorni. Se cade la linea durante una telefonata, richiamo io o aspetto che richiami tu? Il centrocampista deve passare la palla alla destra o alla sinistra del centravanti? Evidentemente, dipende da che parte ha deciso di scattare quest'ultimo. Ma il centravanti, a sua volta, si trova ad affrontare la stessa questione: scattare sulla destra ha senso soltanto se il centrocampista lo lancerà in quella direzione. E così via.
La teoria dei giochi, paradossalmente, suggerisce di muoversi a caso, come farebbe un computer un po' ottuso. Thomas Schelling è stato il primo a notare che in numerose situazioni il problema della coordinazione viene risolto appigliandosi a dettagli apparentemente irrilevanti ma in realtà cruciali ai fini della decisione. Nel gioco dei numeri, scegliamo quasi tutti lo zero perché è un numero "diverso" (è il primo della lista e anche un numero notoriamente particolare). In gergo, lo zero è un'opzione "saliente", che spicca fra le altre e permette di risolvere il problema della coordinazione in modo "irrazionale", ma intelligente!

domenica 15 febbraio 2009

35 A caccia di gazzelle - bis

Ho sottoposto questo gioco di “caccia alle gazzelle” a centinaia e centinaia di persone.
In genere, io svolgo il ruolo di “animatore” del gioco.
In una prima fase, chiedo a ogni giocatore di decidere cosa fare. In questa fase, i giocatori non si incontrano, non si parlano (li tengo proprio in stanze separate), e per questo spesso decidono di non collaborare, cercando di accaparrarsi il bottino maggiore per sé a scapito dell’altro. Ma siccome entrambi fanno questo ragionamento, finiscono per cadere nella situazione peggiore.
Dopo alcune giocate di questo tipo (che finiscono prevalentemente nella situazione 1+1), il ragionamento è chiaro:
Io che cosa mi aspetto? Se non ti conosco e non ho motivo per fidarmi di te, noto che, indipendentemente da ciò che farò io, per te la scelta migliore sarà comunque quella di barare. Come mostra la tabella, infatti, se io coopero, tu barando ottieni di più (3 gazzelle anziché 2); e se io baro, tu barando ottieni comunque di più (una gazzella anziché niente). Pertanto, ne deduco che tu sceglierai di barare.
La scelta più razionale a livello individuale è quella di non cooperare!
Ma siccome entrambi siamo esseri razionali, entrambi decidiamo di barare e finiamo nella situazione peggiore a livello di “sistema”: 1+1=2, il risultato peggiore se si calcola la somma dei due giocatori (negli altri casi abbiamo o 3 o 4).
Alla fine ogni giocatore capisce e fa questo ragionamento: a te conviene barare. Ma naturalmente tu a tua volta, applicherai questo medesimo ragionamento a me, convincendoti che io barerò. Così, ciascuno di noi sa che l’altro sceglierà di barare e che, di conseguenza, torneremo a casa dalla nostra battuta di caccia con una sola gazzella a testa, che probabilmente sarebbe troppo poco per giustificare lo sforzo richiesto.
Presto si sviluppa una certa frustrazione, causata dal fatto che io, come “animatore” del gioco non sto permettendo ai giocatori di incontrarsi (si noti per inciso che il nome originario del gioco è proprio dilemma del prigioniero: di cosa sono prigionieri i due giocatori? Proprio dell’impossibilità di comunicare!)
A questo punto inizia una seconda fase, in cui permetto ai giocatori di incontrarsi.
Qui i ragionamenti cominciano a cambiare:
Se ci conosciamo e ci fidiamo l'uno dell'altro, possiamo promettere di collaborare e aspettarci di essere creduti. In questo caso, vale la pena di collaborare per la caccia, dato che otterremo due gazzelle a testa: la fatica della battuta sarà ben ricompensata a livello individuale (2 gazzelle) e ottimamente ricompensata a livello di gruppo (2+2=4, massimo possibile).
Così, se ci fidiamo vicendevolmente, abbiamo davanti migliori opportunità: il risultato complessivo sarà più alto.
Il fatto di incontrarsi, di entrare in comunicazione permette di trovare un accordo per la situazione migliore. Spesso i giocatori impiegano un po’ di giocate per imparare a fidarsi a vicenda, per stipulare un accordo e per rispettarlo. A volte uno dei due si fida di più e coopera subito, ma l’altro lo “frega” e si becca 3 gazzelle. A volte, il cooperatore, bruciato dall’esperienza, non si fida più per diverse giocate. Per diverse giocate i due ricadono nella situazione peggiore.
Ma praticamente sempre (è solo una questione di tempo) i giocatori imparano progressivamente a fidarsi e a convergere sulla situazione migliore. Spesso elaborano anche discussioni creative su come garantire l’accordo: firmiamo un documento, esistono delle punizioni, ci mettiamo d’accordo per dividere sempre in ogni caso il risultato della caccia, ecc. Queste elaborazioni sono interessanti perché ripercorrono spesso quello che nei secoli ha fatto l’umanità nell’ambito del funzionamento sociale e del diritto positivo: accordi, contratti, leggi, premi, pene, punizioni, ecc.
La cooperazione, quindi, non è un gioco a somma zero (dove uno vince solo se l'altro perde), ma è un gioco in cui possono vincere entrambi. Se gli esseri umani non fossero stati in grado di cooperare in questo modo, non sarebbero probabilmente sopravvissuti alle asprezze della vita nella savana.
Probabilmente questa capacità è stata uno dei grandi vantaggi evolutivi della specie homo.
Oggi possiamo dire che l’evoluzione ha “cablato” nei nostri neuroni la capacità di collaborare, di essere animali sociali. Ma la cosa interessante è che questa etica profonda è fondata, come dimostra il gioco, non necessariamente su un’etica dei valori (“si deve collaborare perché è giusto”) ma anche solo su un etica delle conseguenze, ovvero sul calcolo razionale dei pro e dei contro delle diverse alternativa (“si deve collaborare perché conviene”).

venerdì 6 febbraio 2009

34 A caccia di gazzelle


Proviamo a immaginarci nei panni di due nostri progenitori che s’incontrano e si mettono a discutere se partire per una battuta di caccia alle gazzelle.
Chiamiamoci «tu» e «io».
L'esito della caccia dipenderà fondamentalmente da come ognuno di noi accetterà di fare la propria parte. Io posso scegliere di cooperare, aiutandoti a catturare le gazzelle e mettendo in comune le prede, oppure di barare, lasciando che sia tu a fare tutta la fatica e venendo poi a sottrarti gli animali uccisi. Naturalmente, anche tu hai davanti la medesima alternativa.
Se rimaniamo insieme, otterremo il risultato migliore - due gazzelle a testa. Ma se tu bari e io no, tu tornerai a casa con tre gazzelle, e io resterò a mani vuote - o il contrario, se sarò io a scegliere di comportarmi slealmente. Infine, se sceglieremo entrambi di barare e ce ne andremo ciascuno per conto proprio, alla fine della giornata avremo catturato soltanto un animale a testa.
Ora immedesimati in uno dei due cacciatori. Cosa fai?

sabato 24 gennaio 2009

33 Giochi di cooperazione

Iniziamo oggi un breve percorso sulla questione della cooperazione.
Nel 2005 l'israeloamericano Robert J. Aumann e lo statunitense Thomas Schelling ottennero il premio Nobel per l'Economia per i loro studi sulla teoria dei giochi e per aver tramite questi dimostrato che la cooperazione è più produttiva della guerra
La matematica della teoria dei giochi è molto complessa, ma uno dei suoi cardini si fonda sul famoso dilemma del prigioniero che non a caso parla proprio di collaborazione. Ne ho trovato una versione efficace in un libro di Richard Layard (“Felicità”, Rizzoli) e ve la proporrò nel prossimo post.

mercoledì 14 gennaio 2009

32 Reti corrotte

Su repubblica di qualche settimana fa è uscito un bell’intervento di Saviano (quello di “Gomorra”) sulla degenerazione della società italiana, dove alla corruzione “grande” (quella delle tangenti e degli appalti truccati) si affianca una più diffusa, quotidiana, piccola corruzione: quella delle raccomandazioni, dello scambio di piaceri, dei favori agli amici.
La denuncia tira in ballo, mi pare, l’interpretazione da dare a ciò di cui si occupa questo Blog: le reti del capitale umano.
La tesi di questo Blog è sostanzialmente: non esiste identità se non dentro una rete di relazioni; non esiste efficacia del proprio stare al mondo senza reti di relazioni; la rete di relazioni è un capitale che l’individuo deve curare, innaffiare, fare crescere.
Dove sta, in fondo,la differenza tra questo modello e quello che Saviano critica?
Anche Golemann, nel suo fortunatissimo “Intelligenza emotiva” sostiene che la capacità di avere successo nella vita dipenda, più che dall’intelligenza logica, da una forma di intelligenza che ha a che fare con la capacità di costruire e mantenere relazioni sociali.
Allora? Io credo che la differenza di fondo sia etica. Credo che ciò che fa la differenza è il modo in cui si interpretano e (se mi passate il termine) si “utilizzano” le relazioni. È il brodo di coltura etica in cui queste reti nascono e crescono, Questo “brodo” deve essere una società non corrotta, trasparente, che premia la meritocrazia e permette pari opportunità di accesso.

venerdì 9 gennaio 2009

31 La gente ha voglia di vedersi!

Con l’avvento di Internet si è prevista e temuta la decadenza dei rapporti interpersonali faccia a faccia. In effetti fenomeni come Second Life o Facebook sembrano agire proprio inquesta direzione: danno l’impressione di essere in contatto, anche se in realtà si è tragicamente soli.
Ma ci sono anche segnali opposti.
K.T.Greenfeld, autore di best sellers sull’argomento (ad es. Boy Alone, non ancora edito in Italia) dice che l’effetto è stato invece la rivalutazione dei rapporti faccia a faccia, e cita a supporto di questa affermazione il fatto che praticamente nessuno fa il telelavoro e le grandi città, anziché spopolarsi, stanno aumentando il numero di cittadini.
La gente ha voglia di vedersi!