venerdì 19 dicembre 2008

30 Malinteso fra mondi

Didimo mi propone questo commento:
“Il problema è più complesso di come tu l’hai posto. Nella proposizione 5.6.2. del Tractatus, Wittgenstein ci ricorda che ognuno ha il proprio mondo e che esso dipende dal linguaggio che egli ha imparato dai genitori. I confini e i limiti del linguaggio (del solo linguaggio che io veramente comprendo, che è quello della mia lingua madre) sono i confini e limiti del mio mondo. Didimo”
La citazione di Didimo si riferisce a L. Wittgenstein, Tractatus logicus philophicus, Einaudi.
Si, è vero: il malinteso è un conflitto tra mondi. Non solo un difetto nella procedura di comunicazione.

giovedì 18 dicembre 2008

29 qui-pro-quo

29 qui-pro-quo
Sto lavorando con un Greco scrivendoci email in inglese e mi accorgo di quanto i malintesi siano un rischio continuamente incombente.
Nella rete mondiale si parla prevalentemente inglese, ma i parlanti provengono da lingue diverse. Il rischio di malintesi derivanti da cattive traduzioni è elevato. Gli esperti conoscono bene questi rischi, e anche la portata talora devastante delle loro conseguenze. Spesso, all’origine di grandi disastri aerei ci sono gli equivoci tra torre di controllo e piloti causati dall’imperfetta padronanza dell’inglese (il caso forse più famoso è probabilmente il disastro di Tenerife i cui persero la vita quasi 600 persone- ved. http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_Tenerife). Malintesi possono nascere e causare conseguenze anche tra due corrispondenti e-mail di madrelingua diversa che si scrivono in inglese.
Ci sono delle soluzioni o delle precauzioni? Certo, sapere bene l’inglese, ma anche adottare la ridondanza comunicativa, che consiste in molte cose. Una è quella di scrivere due volte il concetto con due frasi diverse. Oppure quella di scrivere il concenttto e poi spiegarlo con un esempio. In questi modi si ripete il pensiero con parole diverse e con un altro punto di vista, diminuendo il rischio di malintesi. Ad esempio, se scrivo al mio costruttore di casa in Grecia che voglio le persiane in alluminio di color grigio ferro, senza pensarci su troppo potrei scrivere: “I’d like aluminum dark iron grey shutters”. Non è ben chiaro se voglio delle persiane in alluminio o in ferro. Se me ne rendo conto, so che mi conviene scrivere per esteso la frase. Ma spesso non ci rendiamo conto della tortuosità e sinteticità delle nostre espressioni. Allora è importante adottare come metodo sistematico di lavoro la ridondanza, l’uso del “that is” o dell’ “i.e.” (cioè) dell “e.g.” (per esempio), oppure del concetto ripetuto in altra forma (“like ones you used in the Sivota house you bilded last year”)

sabato 13 dicembre 2008

28 Gratuità

All’inizio del XIX secolo, alcuni scienziati si dedicarono a ricercare i modelli matematici che potevano descrivere i… nodi! La loro unica motivazione era la curiosità. Ma un secolo dopo, senza che fosse in alcun modo possibile prevederlo, abbiamo scoperto che i loro modelli sono molto utili per combattere i virus, molti dei quali operano alterando la forma della molecola di DNA inducendo la formazione di una sorta di nodo (K. Devlin, Il gene della matematica, Longanesi, Milano, 2002).
Inutilità.
Gratuità.
Provate a ricercare e scoprire qualcosa per il puro gusto dell’esplorazione.
Per il puro gusto della bellezza (gratis in latino è la contrazione di gratiis, ablativo di gratia, bellezza).
Per il puro gusto del gioco (A. Peretti, Il dubbio di Amleto, il gioco come modo di pensare, sentire, agire, Ed. dell’Orso, Alessandria, 2001).
Mettete “in frigorifero” quella scoperta: la tireremo fuori al momento opportuno in cui si rivelerà utile, remunerativa.
Un’organizzazione dovrebbe avere la forza di investire un po’ delle sue risorse in attività gratuite, inutili. Creare un ufficio che si occupi di ricerca di base. Oppure stabilire che a chiunque nell’organizzazione è riconosciuta una certa percentuale di tempo per la ricerca pura. Pura nel senso che non deve dare conto del perché, del quanto vale. Il perché sta nel divertimento, nella sfida, nella bellezza. Ma ciò che oggi sembra non valere nulla, domani potrebbe essere preziosissimo. Come l’inutile teoria dei nodi.

mercoledì 3 dicembre 2008

27 Lo sciame inquieto

Ci sono alcune caratteristiche del web (moltissimi attori, istantaneità di comunicazione, numerose ricorsività) che determinano comportamenti isterici di masse di utenti. Ad esempio, la rapida crescita e il repentino declino di certe comunità cirtuali (ad es. Second Life o LinkedIn) hanno mostrato quella che sembra una regola oramai attendibile: le aggregazioni (attorno a certi siti, servizi on line, comunità di social network o di blog o di forum) hanno cicli di vita brevi. C’è un periodo di crescita, che innesca spesso un vero e proprio loop esplosivo, cui segue un quasi altrettanto veloce processo di perdita di attenzione, la gente sciama, inquieta e vanesia, verso altre attrazioni.
Chi vive di queste attività, offrendole sulla rete, deve continuamente attrarre, innescare attenzione, produrre novità. Chi fruisce di questa offerta è sempre più instabile, insofferente per la lentezza, volubile. È capitale umano, questo?