lunedì 23 febbraio 2009

36 Lo zero saliente


Un altro gioco sulla cooperazione o meno tra persone è raccontato in modo efficace da F. Guala e M. Motterlini sulla Domenica de Il Sole 24 Ore del 16 ott. 05. Riporto parte del loro articolo e consiglio la lettura del loro libro “Economia cognitiva e sperimentale” (http://www.libreriauniversitaria.it):
“Sul foglio sono segnati dieci numeri, in ordine crescente da zero a nove. In un'altra stanza il tuo compagno di gioco si trova di fronte alla stessa sequenza. Entrambi avete la possibilità di scegliere un numero; se scegliete lo stesso, entrambi vincete dieci euro; se scegliete due numeri diversi non vincete nulla. Un gioco difficile in teoria, ma facile in pratica. La probabilità di scegliere lo stesso numero, scegliendo a caso, è molto bassa; eppure quasi tutti scelgono il numero zero e si portano a casa i dieci euro.
Giochi di coordinazione di questo tipo si incontrano continuamente nella vita di tutti i giorni. Se cade la linea durante una telefonata, richiamo io o aspetto che richiami tu? Il centrocampista deve passare la palla alla destra o alla sinistra del centravanti? Evidentemente, dipende da che parte ha deciso di scattare quest'ultimo. Ma il centravanti, a sua volta, si trova ad affrontare la stessa questione: scattare sulla destra ha senso soltanto se il centrocampista lo lancerà in quella direzione. E così via.
La teoria dei giochi, paradossalmente, suggerisce di muoversi a caso, come farebbe un computer un po' ottuso. Thomas Schelling è stato il primo a notare che in numerose situazioni il problema della coordinazione viene risolto appigliandosi a dettagli apparentemente irrilevanti ma in realtà cruciali ai fini della decisione. Nel gioco dei numeri, scegliamo quasi tutti lo zero perché è un numero "diverso" (è il primo della lista e anche un numero notoriamente particolare). In gergo, lo zero è un'opzione "saliente", che spicca fra le altre e permette di risolvere il problema della coordinazione in modo "irrazionale", ma intelligente!

domenica 15 febbraio 2009

35 A caccia di gazzelle - bis

Ho sottoposto questo gioco di “caccia alle gazzelle” a centinaia e centinaia di persone.
In genere, io svolgo il ruolo di “animatore” del gioco.
In una prima fase, chiedo a ogni giocatore di decidere cosa fare. In questa fase, i giocatori non si incontrano, non si parlano (li tengo proprio in stanze separate), e per questo spesso decidono di non collaborare, cercando di accaparrarsi il bottino maggiore per sé a scapito dell’altro. Ma siccome entrambi fanno questo ragionamento, finiscono per cadere nella situazione peggiore.
Dopo alcune giocate di questo tipo (che finiscono prevalentemente nella situazione 1+1), il ragionamento è chiaro:
Io che cosa mi aspetto? Se non ti conosco e non ho motivo per fidarmi di te, noto che, indipendentemente da ciò che farò io, per te la scelta migliore sarà comunque quella di barare. Come mostra la tabella, infatti, se io coopero, tu barando ottieni di più (3 gazzelle anziché 2); e se io baro, tu barando ottieni comunque di più (una gazzella anziché niente). Pertanto, ne deduco che tu sceglierai di barare.
La scelta più razionale a livello individuale è quella di non cooperare!
Ma siccome entrambi siamo esseri razionali, entrambi decidiamo di barare e finiamo nella situazione peggiore a livello di “sistema”: 1+1=2, il risultato peggiore se si calcola la somma dei due giocatori (negli altri casi abbiamo o 3 o 4).
Alla fine ogni giocatore capisce e fa questo ragionamento: a te conviene barare. Ma naturalmente tu a tua volta, applicherai questo medesimo ragionamento a me, convincendoti che io barerò. Così, ciascuno di noi sa che l’altro sceglierà di barare e che, di conseguenza, torneremo a casa dalla nostra battuta di caccia con una sola gazzella a testa, che probabilmente sarebbe troppo poco per giustificare lo sforzo richiesto.
Presto si sviluppa una certa frustrazione, causata dal fatto che io, come “animatore” del gioco non sto permettendo ai giocatori di incontrarsi (si noti per inciso che il nome originario del gioco è proprio dilemma del prigioniero: di cosa sono prigionieri i due giocatori? Proprio dell’impossibilità di comunicare!)
A questo punto inizia una seconda fase, in cui permetto ai giocatori di incontrarsi.
Qui i ragionamenti cominciano a cambiare:
Se ci conosciamo e ci fidiamo l'uno dell'altro, possiamo promettere di collaborare e aspettarci di essere creduti. In questo caso, vale la pena di collaborare per la caccia, dato che otterremo due gazzelle a testa: la fatica della battuta sarà ben ricompensata a livello individuale (2 gazzelle) e ottimamente ricompensata a livello di gruppo (2+2=4, massimo possibile).
Così, se ci fidiamo vicendevolmente, abbiamo davanti migliori opportunità: il risultato complessivo sarà più alto.
Il fatto di incontrarsi, di entrare in comunicazione permette di trovare un accordo per la situazione migliore. Spesso i giocatori impiegano un po’ di giocate per imparare a fidarsi a vicenda, per stipulare un accordo e per rispettarlo. A volte uno dei due si fida di più e coopera subito, ma l’altro lo “frega” e si becca 3 gazzelle. A volte, il cooperatore, bruciato dall’esperienza, non si fida più per diverse giocate. Per diverse giocate i due ricadono nella situazione peggiore.
Ma praticamente sempre (è solo una questione di tempo) i giocatori imparano progressivamente a fidarsi e a convergere sulla situazione migliore. Spesso elaborano anche discussioni creative su come garantire l’accordo: firmiamo un documento, esistono delle punizioni, ci mettiamo d’accordo per dividere sempre in ogni caso il risultato della caccia, ecc. Queste elaborazioni sono interessanti perché ripercorrono spesso quello che nei secoli ha fatto l’umanità nell’ambito del funzionamento sociale e del diritto positivo: accordi, contratti, leggi, premi, pene, punizioni, ecc.
La cooperazione, quindi, non è un gioco a somma zero (dove uno vince solo se l'altro perde), ma è un gioco in cui possono vincere entrambi. Se gli esseri umani non fossero stati in grado di cooperare in questo modo, non sarebbero probabilmente sopravvissuti alle asprezze della vita nella savana.
Probabilmente questa capacità è stata uno dei grandi vantaggi evolutivi della specie homo.
Oggi possiamo dire che l’evoluzione ha “cablato” nei nostri neuroni la capacità di collaborare, di essere animali sociali. Ma la cosa interessante è che questa etica profonda è fondata, come dimostra il gioco, non necessariamente su un’etica dei valori (“si deve collaborare perché è giusto”) ma anche solo su un etica delle conseguenze, ovvero sul calcolo razionale dei pro e dei contro delle diverse alternativa (“si deve collaborare perché conviene”).

venerdì 6 febbraio 2009

34 A caccia di gazzelle


Proviamo a immaginarci nei panni di due nostri progenitori che s’incontrano e si mettono a discutere se partire per una battuta di caccia alle gazzelle.
Chiamiamoci «tu» e «io».
L'esito della caccia dipenderà fondamentalmente da come ognuno di noi accetterà di fare la propria parte. Io posso scegliere di cooperare, aiutandoti a catturare le gazzelle e mettendo in comune le prede, oppure di barare, lasciando che sia tu a fare tutta la fatica e venendo poi a sottrarti gli animali uccisi. Naturalmente, anche tu hai davanti la medesima alternativa.
Se rimaniamo insieme, otterremo il risultato migliore - due gazzelle a testa. Ma se tu bari e io no, tu tornerai a casa con tre gazzelle, e io resterò a mani vuote - o il contrario, se sarò io a scegliere di comportarmi slealmente. Infine, se sceglieremo entrambi di barare e ce ne andremo ciascuno per conto proprio, alla fine della giornata avremo catturato soltanto un animale a testa.
Ora immedesimati in uno dei due cacciatori. Cosa fai?